Il report di InfoCamere sui dati rilevati dall’Ossevatorio sull'Imprenditorialità femminile di UnionCamere evidenzia che, malgrado la pandemia, l’innovazione al femminile continua a crescere.
Il 2022 si è appena chiuso e InfoCamere ha elaborato i dati dell’Osservatorio sull’imprenditorialità femminile di UnionCamere che riguardano il triennio della pandemia.
I risultati sono sorprendenti, soprattutto per quanto riguarda l’aumento delle startup innovative, in cui cresce sempre più il contributo femminile.
Leggiamo insieme i dati più significativi.
Il report di InfoCamere, che fotografa la situazione dell’imprenditoria femminile a settembre 2022, parla di numeri importanti: sono 2000 le startup innovative registrate che hanno come founder o co-founder una donna, 572 in più rispetto al 2019. Una crescita significativa, del 40%, che denota una grande propensione delle donne a intraprendere nei settori imprenditoriali più innovativi: le nuove imprese femminili sono ad alto contenuto tecnologico e portano un grande valore aggiunto all’imprenditoria nazionale.
L’innovazione al femminile ha il suo cuore pulsante in quattro regioni, che concentrano più del 50% del totale delle imprese guidate da donne di questa tipologia: Lombardia (470), Lazio (263), Campania (204), Emilia Romagna (143).
Se consideriamo, invece, il valore assoluto della crescita del numero delle startup innovative, insieme a Lombardia, Lazio e Campania, troviamo anche la Toscana.
Nel complesso, a fine settembre 2022, le imprese femminili sono più di 1 milione 342mila e rappresentano il 22,18% dell’imprenditoria italiana. Interessante notare come al Centro e al Sud le imprese femminili siano maggiormente diffuse e rappresentino oltre il 23% dell’imprenditoria totale.
La stragrande maggioranza delle startup innovative considerate dalla ricerca dell’Osservatorio sull’imprenditorialità femminile di UnionCamere e inserite nel report di InfoCamere, opera nel settore dei servizi alle imprese. Il settore manifatturiero e quello del commercio rappresentano quote residuali.
Ciò indica una grande propensione delle donne ad avviare attività nei settori a maggior contenuto di conoscenza, come i servizi di informazione e comunicazione, le attività finanziarie ed assicurative e anche le attività scientifiche e tecniche. Testimonia, inoltre, come lo stereotipo della donna legata alle professioni della cura e della formazione stia man mano venendo meno (come avevamo già evidenziato nel nostro articolo su “Donne e Lavoro: le professioni su cui puntare”).
E in un contesto in cui anche l’imprenditoria in generale segna il passo (-10% di nuove imprese rispetto al 2021) il messaggio che ci giunge forte e chiaro è che non importa quale sia il tipo di impresa, ma se non lo si avvia con uno spirito innovativo è destinato ad essere tagliato fuori dal mercato.
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